Eppure, sotto quei fastidiosi pesi della mente e della storia,
sento a volte quell’impercettibile sensazione
che si diffonde dal cuore,
che si espande silenziosa come la neve che cade,
quella segreta e atavica nostalgia
di esserti amica,
di aiutarti quando stai male,
di esserci quando non ce la fai ad andare avanti,
di giocare col tuo bimbo finché dormi sfinita sul divano
di ridere insieme, di insegnarti i miei segreti e tu i tuoi,
quella musica che mi risuona continuamente nei sogni,
di una danza che ballavamo felici insieme,
quella sensazione di viverti come l’unico posto
in cui posso veramente riposare ed essere abbracciata
senza paura di essere svilita, tradita o umiliata.
Vago per le strade con quella luce che risplende nell’anima,
cercando negli occhi delle donne qualche sorella perduta
nella speranza di ricongiungermi a lei
e respiro piano senza farmi scoprire,
trattengo le lacrime,
perché infondo provo un’infinita tenerezza
per questo desiderio cosi puro,
nel bel mezzo di un assurdo tempo di solitudine,
che trascina con sé così tanta tristezza
e nostalgia di un mondo di pace, di sicurezza
forse perduto per sempre.
Eppure, la sento,
bussa spesso alla mia porta,
quella sensazione di profonda sorellanza,
di pace, di un corpo vivo che vibra, che ama cha abbraccia,
sento quella potenza che prende la sua forza dalle radici di una quercia,
quel fuoco che arde dentro di me quando i miei piedi sono tutt’uno
con il nucleo ardente di Madre Terra,
quell’amore che non ha confini e che non è mai tradito.
Ricorda ciò che sei
Ricorda la dea che dorme in te
Ricorda il tuo potere
Ricorda la tua forza
Ho bisogno della tua anima,
Abbiamo bisogno di quell’anima antica,
Perduta tra gli anfratti dei boschi e tra le acque pure dei ruscelli
Abbiamo bisogno di danzare ancora insieme
E con quell’energia sprigionata dai nostri corpi e dal nostro canto
spazzare la guerra, salvare la terra,
redimere l’uomo.
(Emanuela Pasin)
La sorellanza è una profonda connessione con altre donne di un clan, di una famiglia, di un gruppo, una particolare affinità tra loro che si trasforma in amicizia, in sostegno, in presenza, in celebrazione, in un supporto reciproco e autentico, è un esserci silenzioso e vero che permette all’esistenza un certo grado di sollievo dal senso di solitudine, una sensazione di non essere sole a camminare sulle strade della vita o di avere un posto in cui sentirsi accettate e amate senza giudizio e in cui lasciarsi andare completamente senza essere in pericolo. Una forma di relazione che contempla la libertà, l’inclusione, la comprensione, di condivisione di emozioni e sentimenti comuni alle donne in tutte le fasi della vita, una connessione profonda con la loro natura ancestrale e con i cicli lunari che da sempre ne influenzano il ciclo mestruale e i moti dell’animo, ma anche le agevolano i ritmi d’azione e di riposo, la guidano verso un’armonia totale.
Una forma di relazione ormai rara tra le donne occidentali di oggi, così prese dalle mille incombenze della vita quotidiana, dalle folli corse dettate da quell’esigenza appresa di fare tutto e farlo spesso da sole, farlo bene per non giudicarci inutili o incapaci, chiediamo aiuto ma ce ne vergogniamo, non siamo abbastanza assertive e abbastanza forti per farci riconoscere i nostri diritti e i nostri bisogni, non ce ne andiamo subito quando ci trattano male, non togliamo la nostra benevolenza a chi non l’apprezza, abbiamo paura, un’atavica paura della solitudine e a volte stiamo legate a relazioni tossiche, a persone che non ci rispettano per anni, la nostra natura sembra un disperato richiamo al contatto, alla relazione, all’amore, al fare le cose insieme, quasi non possiamo crederci che non ce la si possa fare. Abbiamo un’assurda tenacia interna verso l’amore e la relazione, una tenacia che definirei biologica e che spesso, nel contesto attuale, porta qualcuna alla morte o alla malattia, mentre altre continuano tenacemente a ricercare un equilibrio tra il loro ambiente e le loro istanze biologiche che premono per questa intensa connessione d’amore, così centrale per la continuità della nostra specie.
Ci stiamo lentamente adattando all’individualismo imperante ma con enormi sofferenze interiori, perché le nostre cellule infondo urlano che questa non è la strada giusta per l’umanità. Credo che la cultura patriarcale abbia fatto, nei secoli, dei danni alla nostra psiche di donne (anche in quella degli uomini), ma la nostra biologia continua a chiamarci da un remoto passato potente e salvifico. Stiamo facendo tanta fatica a scrollarci di dosso sentimenti di inferiorità e inadeguatezza radicati in noi, sono le pozioni che la storia ha utilizzato per tenere a bada la nostra energia, pensando diventasse un potere come quello maschile, ma le donne non hanno nella pelle quel tipo di potere, per lo meno le donne sane che sono in contatto con sé stesse. Ci siamo adattate alla visione patriarcale per questioni di mera sopravvivenza. Nelle generazioni precedenti, quando le donne dipendevano economicamente dai loro mariti, portavano in palmo i figli maschi, mentre le femmine le addestravano ai lavori della casa, era la prassi, come del resto era avvenuto per loro. Oggi ancora non ci siamo liberate del tutto dai condizionamenti del passato ad un livello più profondo, nonostante la nostra indipendenza materiale che ci permette una capacità di scelta perlomeno più ampia di un tempo, manteniamo una qualche forma dipendenza affettiva, di cui spesso non siamo del tutto consapevoli.
Io, nel mio piccolo come terapeuta, sono testimone di un disagio profondo sia nelle donne che negli uomini, in molti c’è un funzionamento che potrei definire normale solo in apparenza, lavoro, famiglia, amici, vacanze, hobby, palestra: tutto apposto! Molte persone fanno quello che la società si aspetta direi egregiamente, ma quando si aprono le porte dell’interiorità si rovescia fuori una sofferenza immane. La causa la si ricerca nel disagio al lavoro, in qualche frustrazione quotidiana, in qualche scocciatura, o in qualche persona che ci disturba: capri espiatori di un disagio ben più profondo e spesso non consapevole, testimone di una disconnessione potente con la biologia della nostra specie che è una specie che si regge su un sentimento di affetto collettivo e reciproco. Per stare in salute e per esprimere il massimo del nostro potenziale umano dovremmo sentirci amati dal nostro clan e sentire di amarlo a nostra volta (un clan non necessariamente è la famiglia d’origine, può essere anche un gruppo di relazioni affettive che sentiamo solide), non è un concetto difficile da capire, eppure non c’è verso di attuarlo, sembra un anelito perduto. Noi siamo come gli alberi di un bosco, si aiutano e si proteggono tra di loro, loro sono i nostri più antichi antenati, i sopravvissuti, i resilienti, sono anche la nostra visione futura come specie.
Soprattutto nelle giovani generazioni colgo questo forte bisogno di connessione, di sentirsi compresi, ascoltati, amati profondamente, che gli adulti perlopiù sembrano aver dimenticato, ossessionati come sono dal denaro, dal potere, o da chissà che altri palliativi. Credo che solo un percorso costante di consapevolezza, di presenza mentale che dura tutta la vita ci renda liberi da questi condizionamenti sociali e nonostante questo, poi si vive comunque in un mondo che spinge fortemente verso l’individualismo, la velocità, la rapida soddisfazione di bisogni superficiali, che sono poi dei compensativi di un disagio ben più profondo di connessione, di sorellanza e di fratellanza.
Io credo che, dopo aver toccato il punto più basso della nostra umanizzazione con l’isolamento resosi necessario dalla pandemia da Covid-19, poiché non eravamo mai stati così spaventati, così lontani e così soli, nemmeno durante le guerre mondiali, ora potremmo ritrovare lentamente la nostra capacità innata di stare in gruppo, riscoprire la bellezza di far le cose gli uni per gli altri, di non sentirci più soli anche quando siamo in compagnia e aver paura dell’altro essere umano che ci passa accanto, dovremmo provare ad aprirci, pur con la paura di non essere accettati, si, dovremmo provarci il più possibile a tornare umani. Questo aumento di aggressività proprio all’interno delle dinamiche familiari e di coppia, luoghi di sicurezza e protezione per eccellenza, segnala un preoccupante disagio e una tendenza autodistruttiva che non ha precedenti e che crea ancora più paura ed isolamento nella popolazione, tuttavia non possiamo farci abbattere da questi eventi, ma continuare a provarci, come fanno tutte le donne del mondo, da sempre.
La sorellanza è un richiamo potente, dal mio punto di vista, essa è la vera medicina di questo tempo, è l’energia dolce e amorevole che ci serve per compensare l’eccesso di distruttività che sta devastando la psiche umana dal di dentro, per questo dovremmo lasciarci condurre di più dall’istinto femminile, quello sano ovviamente.
Neppure gli uomini stanno bene, anche loro probabilmente sentono un richiamo di un’energia più pulita, più solidale, più forte, di un potere per il bene comune e un riconoscimento perduto. Le donne un tempo si ritrovavano per lavorare insieme, per cantare, ballare, aiutarsi, per condividere ciò che sapevano, per celebrare il raccolto, per “cullare” il villaggio, per farci sentire uniti, amati e forti. Gli uomini si ritrovavano per ragionare insieme, per decidere, per combattere, per festeggiare, per celebrare la vittoria, per motivarsi e gratificarsi a vicenda per le azioni compiute. Sono due energie diverse, lo percepite? Eppure entrambe umane e meravigliose, abbiamo bisogno di entrambe e se avremo abbastanza tempo e qualche essere illuminato che ci aiuterà, sono certa che ritroveremo la nostra umanità.
Scritto da Emanuela Pasin in Verona 20 settembre 2024