Ci sono dei periodi nelle nostre vite che sono veramente difficili, gli eventi, le persone, il corpo ci mettono a dura prova, mentre noi siamo già debilitati e stanchi, è in quel momento che rischiamo veramente di perdere l’equilibrio psicofisico e di perdere l’anima (quella parte essenziale di noi, legata al mondo emozionale, che ci dà vita, ci anima appunto, ci dà entusiasmo ed energia vitale).
Resistere non può essere per sempre, il nostro corpo fisico ed emotivo regge fino ad un certo punto, poi comincia ad esaurirsi lentamente.
Proprio in questi momenti difficili sentiamo che ci manca la forza, iniziamo a scoraggiarci e a perdere la stima anche in noi stessi, questo crea un meccanismo psichico “a valanga”: più scendiamo più diventiamo pesanti e distruttivi e più ci schianteremo in fretta.
Cosa fare?
Sicuramente occorre fermarsi un attimo, riposare e riflettere, o come direbbe il saggio: “Siediti e respira!”, anche se credi di non poterlo fare, lo puoi fare sempre.
Questo è il passo iniziatico di chi decide di intraprendere un percorso di ricerca interiore che porterà ad una “metanoia”, cioè un cambiamento radicale del modo di vedere la propria realtà.
Proprio nel momento di maggiore difficoltà ci troviamo di fronte ad una scelta fondante della nostra vita, siamo ad un “crocevia” (per questo la croce è il simbolo del cambiamento perché rappresenta la scelta e ogni scelta implica il sacrificio del nostro vecchio SE’).
Se scegli di rinunciare a ciò che ami e ti adatti agli altri, o alla situazione che stai vivendo, diventi vittima di te stesso e andrai verso la degenerazione dell’anima o la frammentazione, che ha conseguenze deleterie sul piano sia fisico, sia psichico, che spirituale. Se scegli quello che ami, anche se ora ti sembra impossibile da raggiungere, non preoccupartene perché attingerai lo stesso la tua energia dalle profondità della tua anima, semplicemente perché le dai una possibilità di sopravvivenza, se scegli di adattarti invece è la fine.
Con questo semplice atto deliberato e consapevole compi una scelta vitale per la tua anima, quello che devi fare dopo lo scoprirai durante il cammino.
Passare all’azione
Il secondo passaggio è mettersi in moto. Ma dove trovare l’energia per passare all’azione quando siamo cosi stanchi e scarichi di entusiasmo? Per ritrovare l’energia dobbiamo connetterci all’archetipo del guerriero, connetterci con tutte le sue qualità positive e soprattutto con il suo spirito. Perché l’archetipo del guerriero è cosi importante per il nostro equilibrio psichico?
Quando mio figlio di due anni ha cominciato a vedere dei cartoni animati alla tv di supereroi guerrieri ( i Gormiti), cominciò ad imitarli, faceva il classico verso del guerriero con la bocca spalancata con quei grugniti spaventosi e ci attaccava muovendo le braccia e i pugni velocemente, imitando questi personaggi. Subito ero abbastanza inorridita e temevo che quei cartoni gli avrebbero potuto insegnare la violenza, poi però ho capito quanto era importante per un piccoletto, alto poco più di 80 cm, sentirsi un guerriero, attingere da quella energia interiore, una forza più grande di lui che lo aiutava a non sentirsi vinto solo perché troppo piccolo per gli adulti. Invece di brontolarlo per partito preso, cerco di insegnargli quando e come usarla quella forza, cioè insegnargli il codice del guerriero ( non attaccar mai una persona indifesa, non reagire per nulla, rispettare gli altri, accettare la sconfitta…) anche se stiamo giocando le informazioni passano lo stesso.
Fin da bambini impariamo che la forza è sinonimo di violenza e la neghiamo completamente inorriditi e spaventati da essa, ma senza discernere il suo valore, finiamo per buttar via anche la nostra forza interiore, la nostra determinazione, la nostra capacità di combattere, di difendere, di volere, di amare potentemente ciò che vogliamo. La forza, privata della violenza e delle crudeltà, è un’energia vitale, è una qualità nobile.
Il guerriero distruttivo
Occorre a questo punto però comprendere meglio il guerriero che vogliamo liberare in noi. Esiste un guerriero, senza scrupoli, la cui forza è ferocia senza etica, senza limiti e distruzione senza fine, il suo cuore è una voragine, un maledetto buco nero in cui finisce dentro tutto. Questa modalità è tipica di chi è già morto, da tempo ha già scelto di annullarsi, ma il suo adattamento non è diventato depressione o malattia bensì orrenda distruzione, non gli importa più della sua vita e tanto meno di quella degli altri. Vi ricordate la frase biblica: “Muoia Sansone e tutti i Filistei”, è un grido disperato di vendetta di chi non ha più speranza, o pensa di non averla, fa fuori tutti compreso se’ stesso.
Il guerriero consapevole
Molto diverso invece è il guerriero che è consapevole di essere un guerriero, egli non reagisce in modo impulsivo ad un offesa, egli “agisce”.
L’aggressività del guerriero consapevole non è mai distruttività reattiva è inserita in un codice che esige rispetto, responsabilità, onore, lealtà, compassione, sincerità, gentilezza e cortesia. Quando noi mettiamo da parte fin da piccoli lo spirito del guerriero, perché lo giudichiamo solo negativo, compiamo un gravissimo errore perché lo releghiamo all’inconsapevolezza e quindi potenzialmente, quelle poche volte che emerge dal profondo in modo reattivo, diventa di una ferocia inaudita ed inutile.
Se noi invece accogliamo in noi lo spirito del guerriero consapevole, abbiamo la possibilità di dargli un giusto “addestramento”, fornirgli un codice d’onore.
Nel fare questo possiamo introiettare l’energia delle eccellenze di guerrieri come per esempio i Samurai, gli Yamabuschi giapponesi, o in occidente i Cavalieri templari, i Cavalieri della tavola rotonda, tutti accumunati, non a caso, da una dimensione trascendentale, spirituale, non solo combattono ma meditano, pregano e si muovono ispirati da valori che li trascendono.
Questi ordini di guerrieri hanno saputo integrare quell’energia istintiva e distruttiva che ha in sé qualsiasi creatura vivente e che è ben descritta nelle divinità bellicose di tutte le culture del mondo (Il dio Ares, per i greci, Marte per i Romani, Wotan per i Celti, …) e lo spirito di responsabilità ma anche di un utilizzo della forza orientato a difendere valori collettivi, una forza impiegata per proteggere non per distruggere.
La leggenda di Shiva e Virabhadra
Virabhadra è il guerriero creato da Shiva per vendicare la morte di Shakti, sua moglie, è sostanzialmente l’emanazione della sua rabbia. Virabhadra è un terribile guerriero, che va alla festa del suocero, a cui la coppia non era stata invitata (perché il padre di Shakti non voleva saperne del genero) e uccide tutti gli invitati compreso il padrone di casa, padre di Sati, responsabile dell’umiliazione della figlia e della sua morte. Ma quando il dio Shiva vede con i suoi occhi lo scempio compiuto dalla sua stessa rabbia, si muove a compassione e riporta in vita tutti trasformando il padre di Shakti, Daksa in un dio con la testa di ariete.
L’offesa ricevuta inizialmente fa smuovere una potente energia distruttiva e Shiva ha una reazione incontrollata e pericolosa, come avviene in molti di noi. Ora se riuscissimo ad essere consapevoli di questa energia, potremmo usarla senza distruggere, solo così essa diventa una benedizione. Solo Shiva infatti può uccidere e far risuscitare i morti, però è anche vero che –senza arrivare a tali azioni estreme- se ci permettiamo di esprimere la nostra rabbia con il linguaggio, abbiamo la possibilità anche di pentircene e di chiedere scusa o di riparare il danno fatto, ma se la neghiamo sempre, ci ricade dentro e danneggia corpo e spirito. Virabhadra viene creato da un capello di Shiva, quando si dice “ne ho un diavolo per capello!!”, la metafora descrive bene come affiora in noi l’irritazione per un ingiustizia subita, se lo lasciamo uscire, quel diavolo, prende forma e diventa autonomo, cioè va e distrugge in modo incontrollato e poi spetta a noi ricomporre i pezzi.
Cosa stai difendendo?
Per liberare questo guerriero interiore nella sua forma più nobile quando sei arrabbiato chiediti innanzitutto: “cosa sto difendendo?”
Connettendoti a ciò che stai difendendo, chiediti se lo ami veramente, allora radicati in questa forza e falla uscire dall’alto (ottima è la pratica della posizione yoga Virabhadrasana I ).
Se infatti l’aggressività è connessa “al cielo”, cioè ad un valore trascendente, che non appartenga solo a te stesso e alla tua brama di potere, di vendetta, o al delirio di essere dio, ma che tu lo faccia per il bene di altre persone, di una collettività, per un bene comune, per un valore importante o supremo del quale certo tu stesso fai parte ma riconosci un’istanza collettiva, allora la rabbia si purifica e si attiva nel modo giusto.
Orientati verso l’obiettivo.
Quando hai attivato questo tipo di energia, il secondo passaggio è orientarti verso l’obiettivo. A quel punto la tua forza è immensa perché non è solo la tua energia come individuo, è connessa ad un’energia molto più grande e potente, è protetta da un valore supremo, diciamo che questo è un passaggio iniziatico, come quando il dio Wotan poggiava le mani sul capo dei guerrieri, questi divenivano invincibili nel perseguire il loro obiettivo, lo stesso effetto aveva l’investitura di cavaliere, un atto rituale che andava a potenziare un energia già insita nel soggetto arricchendola con la potenza del cielo (un valore supremo per cui combattere, Dio, la giustizia, la libertà ) e della terra ( difesa della tua terra, dei tuoi compagni, del tuo popolo, della tua donna, dei tuoi antenati, dei figli dei tuoi figli, del tuo sentimento profondamente radicato della storia ….). La potenza con cui avverrà la tua azione sarà straordinaria (puoi sperimentarla nella posizione yoga del Virabhadrasana II).
Evita di sentirti dio dopo che hai conseguito l’obiettivo.
Ma non è finita qui. C’è chi, quando ha raggiunto il suo obiettivo, diventa arrogante, si identifica con Dio e pecca di “Hibris”, la peggiore delle colpe: con la vittoria perde la connessione con il cielo e con la terra, con i valori cioè che lo hanno reso forte e quindi tradisce il patto con il collettivo e con il divino. Siccome conosciamo la natura umana, la vittoria può dare alla testa, ma per essere un guerriero illuminato devi essere consapevole di questo rischio e devi ritrovare il tuo equilibrio immediatamente, attraverso il sentimento di gratitudine e riconoscenza per ciò che sei riuscito a compiere, ciò riporta l’armonia perché ti rimette in contatto con la tua assoluta vulnerabilità che dev’essere la consapevolezza prima del guerriero (puoi sperimentare questo ritorno ad un equilibrio con la posizione yoga Vibhadrasana III).
Guerriero non significa essere perfetto, impeccabile, immortale, essere un guerriero significa essere estremamente vulnerabile, significa avere fede in qualcosa che va al di là di noi, ammettere che non siamo unici e soli ma siamo parte di un energia più grande che noi stessi alimentiamo, usiamo e spesso neghiamo.
Significa non concepire la sconfitta come un’onta ma come un allenamento per costruire una forza ancora più raffinata e potente, significa vivere la vittoria non con arroganza, ma con umiltà, perché anch’essa non dipende completamente da noi.
Quando usiamo la forza del guerriero consapevole siamo connessi potentemente a cielo e terra non ci abbattiamo, né ci vantiamo, abbiamo un assoluto rispetto di tutto ciò che abbiamo dentro e fuori di noi sia sui piani materiali che psichici emotivi, che spirituali.
Se riusciamo a liberare questa forza del guerriero consapevole abbiamo sicuramente uno strumento in più per gestire momenti difficili nelle nostre esistenze, ma anche per sentirci molto più sicuri e più forti nella vita di tutti i giorni, perché come credevano i Samurai, il miglior combattimento è quello che raggiunge l’obiettivo senza combattere.
Dr.ssa Emanuela Pasin, Verona il 3 aprile 2021
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