La crisi dei quarant’anni

Perché cadiamo in una crisi più o meno intensa intorno ai quarant’anni? Qual è il vantaggio evolutivo di questa caduta psichica? E come mai proprio a questa età siamo maggiormente propensi ad una importante trasformazione di noi stessi?

La crisi della mezza età sembra una faccenda antiquata e sorpassata nella società odierna dove dai 35 ai 40 le persone sono ancora giovani, impegnate al lavoro, spesso non da molto, dopo gli studi e le difficoltà di trovare impego, ma la questione non è affatto di ordine pratico, ma questa volta puramente psicologico e se vogliamo anche biologico.

Definiamo inizialmente il concetto di crisi che non è altro che una battuta d’arresto nella vita di un individuo: stiamo viaggiando e ci si ferma, perché insorgono dentro di noi o nel mondo che ci circonda, dei problemi, delle scelte, dei dubbi, delle difficoltà a cui non sappiamo immediatamente porre rimedio o non possiamo affrontare. La crisi è un problema elevato al cubo, è un crocevia in cui per scegliere la strada che appartiene al nostro destino, occorre far provviste di quello che abbiamo imparato dal passato e avere una nostra visione del futuro, non solo di ciò che vogliamo essere ma di quello che potremmo essere, seguendo il nostro destino, rispolverare i sogni e cogliendo l’occasione di cambiamento che la crisi ci pone. La crisi è un’opportunità, una possibilità di espansione, una rivoluzione, è certamente anche un lutto in cui occorre dire addio a ciò che siamo stati e a ciò che di noi è ancora appartiene a dei meccanismi infantili e oramai è obsoleto.

La crisi di mezza età, è nota in molte personalità illustri, tra le quali il nome più autorevole riamane certamente il sommo poeta Dante Alighieri, che ha trasformato il percorso scaturito da questa crisi nella “Divina Commedia”, l’ha trasformata in un opera d’arte letteraria, realizzando sé stesso, il suo talento, ma allo stesso tempo tracciando la strada per cercare la scintilla del divino nella commedia umana. Egli ha colto a pieno il senso di questa particolare vicenda umana e di questa fase psicologica che è l’apice della parabola della vita dopo di che si comincia a discendere, come dicono i medici, ma io preferisco dire comincia il nostro “rinascimento privato”, che si ripete da secoli infinite volte nella vita di molti individui in tutto il mondo. Quindi: “Nel bel mezzo del cammin della nostra vita ci ritrovammo in una selva oscura, che la diritta via era smarrita…”. In Dante si realizza come momento depressivo, uno smarrimento interiore che non gli nega tuttavia l’esigenza di cercare, di vedere in profondità, non lo priva del coraggio di passare dall’inferno per ritrovare sé stesso. Lo fa con una guida, Virgilio, con uno spirito saggio, che ha già vissuto ciò che lui sta passando, che l’ha già raccontato e sa cosa lo aspetta. Nessuno può fare il percorso per noi, ma qualcuno può accompagnarci e sostenerci, e questo privilegio, tra le tante cose della vita, è certamente una delle più belle che l’uomo possa concedersi o donare. Se qualcuno ci accompagna e ci ascolta nei momenti difficili, possiamo salvarci e vivere in relazione con l’altro e con il mondo in modo certamente più vero e amorevole e forse avremmo un giorno anche noi la forza di fare lo stesso con qualcun altro che si trova in crisi, esprimendo una delle più antiche usanze dell’umanità e uno dei più importanti insegnamenti che un essere umano può dare ad un altro essere. Nessun manuale, nessun corso, nessuna laurea o tecnica di meditazione potrà darti quanto un altro essere umano che ti sta accanto con amore, equilibrio ed intelligenza.

Ma perché proprio intorno ai quarant’anni?

Da millenni il quaranta ha un significato particolare per l’uomo, non è una convenzione, è un periodo biologico e psichico in cui un individuo tende a compiersi. Il Talmud fissa a quarant’anni l’età canonica dell’uomo, ciò significa che solo in quel momento la ragione e la coscienza dell’uomo sono perfettamente formate. Jung stesso considera questo periodo, dal 35 ai 40 anni, una rivoluzione psichica in cui l’individuo ha una svolta naturale cominciando una trasformazione di alcune istanze della psiche ma anche di alcuni elementi fisici.

Da un punto di vista astronomico il numero quaranta va messo in relazione alla scomparsa della Pleiadi, che dura quaranta giorni: già i Babilonesi avevano osservato che tale periodo coincideva con tempeste ed inondazioni, quindi momento di grandi cambiamenti. Il quaranta, a livello archetipico, è un numero legato al destino e soprattutto al concetto di “preparazione”: quaranta anni di peregrinazione nel deserto di Israele, quaranta giorni di diluvio universale, quaranta giorni di permanenza di Mosè sulla montagna, o di Gesù nel deserto, quaranta ore di sepolcro di Cristo prima di risorgere, quaranta giorni di digiuno che precedono la Pasqua e tutto questo solo per la tradizione Giudaico-Cristiana. Per l’Islam il numero quaranta è ancora più importante: Maometto ricevette la sua prima rivelazione a quarant’anni, per il Corano il quaranta è legato ad un periodo di lutto o di attesa. Nella tradizione islamica inoltre il quaranta corrisponde al valore della lettera “m” iniziale di Muhammad (Maometto), quindi esso è il numero del Profeta, lo si ritrova ovunque nella mistica ed indica infine i quaranta scalini che separano l’uomo da Dio.

Il numero quaranta ha quindi il significato di periodo di Purificazione per le tre religioni monoteiste ma del resto questo è evidente anche sul piano biologico, anche per le partorienti, è necessario un periodo di circa quaranta giorni per il riadattamento e ripristino della funzionalità normale alla fine del quale compare di nuovo la prima mestruazione e tutto riparte, il nuovo inizio di donna e madre.

Il quaranta ha che fare anche con il compimento di qualcosa, un passaggio di stato, un esempio emblematico di questo significato è racchiuso in un proverbio beduino che dice  “chi va per quaranta giorni con i nemici appartiene a loro”. Quarant’anni è un periodo sufficiente per l’uomo per compiere una ciclo biologico per intero, per concludere la propria funzione biologica, che concretamente consiste nel prendere moglie/marito, avere figli e dare un contributo significativo alla società attraverso una propria professione. Dopo di questo?

A questo punto scatta un tarlo al cervello, sia per chi non ha realizzato il ciclo biologico, sia per quelli che  non lo hanno ancora fatto. Mentre per gli individui con un tratto di personalità più ansioso, il tarlo arriva prima, appena dopo i trent’anni, perché, abituati come sono a vivere più nel futuro che nel presente, facendo due conti capiscono che dieci anni sono un po’ stretti per compiere tutto ciò, soprattutto se le relazioni affettive sono state scarse, brevi o disastrose. Si prepara quindi, in questa fase, una profonda modificazione dell’anima umana, dice Jung, molta o troppa vita che avrebbe potuto essere vissuta è rimasta nel ripostiglio, molti sogni o abilità che avevamo, sono state dimenticate nei cassetti e ora, come un giocattolo mai usato, le cui pile si sono ossidate, sembra non funzionare più.

Nella prima metà della vita l’essere umano è mosso da una specie di “dovere bio-sociale” e cerca di rispondere a degli schemi di ordine sia sociale-tradizionale derivanti anche dall’educazione ricevuta e dal contesto sociale a cui appartiene, sia anche a schemi effettivamente biologici innati ( un figlio non lo puoi fare in natura a 60 anni). Quando ha assolto a questo “dovere” bio-sociale, è come se potesse permettersi di sentire e finalmente liberare quell’energia che gli è propria, un energia individuale, forte, indipendente dalle aspettative genitoriali e sociali, come se a questo punto potesse realizzare qualcosa di più: il suo destino. Questa energia può essere liberata con un forte innamoramento, con una separazione, con un fallimento professionale, con un tradimento, con una nuova possibilità di lavoro, con la morte di una figura di riferimento, insomma qualsiasi mezzo che possa aprire una porta su ciò che potrei essere, e che a questo punto “devo essere”: una presa di coscienza.

A seguito di questo fulmine a ciel sereno, si apre una voragine nella psiche della persona, la quale di solito reagisce in due differenti modi: nel primo caso prende il coraggio a piene mani e prova ad entrarci, a comprendere, cominciando un viaggio verso una nuova personalità, che la porti ad utilizzare i doni che veramente possiede di cui era poco consapevole; nel secondo caso richiude la porta, affermando che era poco interessante, negando la crisi e tornando tranquilla nella situazione precedente. In ogni caso da questo punto in poi le cose non saranno più le stesse, anche se decidiamo fermamente di far finta di niente, perché non siamo più gli stessi e come afferma ancora Jung “la verità del mattino costituisce l’errore della sera”.

La natura della psiche umana infatti, dai quarant’anni in poi ha una sorta d’inversione di tendenze naturale e spontanea: se fino a quel momento una donna si è dedicata prevalentemente alla carriera, sentirà il bisogno di integrare la sua femminilità e di integrare la funzione materna, questo arricchirà non solo la sua famiglia a cui dedicherà un atteggiamento differente, ma anche il lavoro perché userà maggiormente l’anima anche con i colleghi, per esempio avrà un’attenzione maggiore alle relazioni. Viceversa capiterà ad una donna che in questo tempo ha seguito ed educato i figli, dedicandosi alla casa al marito, anch’essa, nella migliore delle ipotesi, comincerà a sognare di realizzare i suoi sogni, oppure si innamorerà di nuovo, sentirà il bisogno di riprendere gli studi o dedicarsi a qualche lavoro che l’appassiona, integrando così anche le sue abilità di donna oltre che mantenere e migliorare quelle di madre: diventando meno apprensiva e lasciando maggior autonomia ai figli com’è necessario che accada. Per quanto riguarda un uomo è raro che, se non si è mai preoccupato della famiglia, metta il grembiule e segua i figli e stia vicino alla moglie alla soglia dei quarant’anni, perché in casi simili, almeno dalla mia esperienza, la situazione affettiva può essere già troppo compromessa dal reciproco distacco; può però innamorarsi di un’altra donna con la quale la sua vita affettiva appare avere tutt’altro valore e con lei può provare un calore che prima non si era mai permesso di provare: egli è in una diversa predisposizione d’animo rispetto a quando aveva 20 anni. Se lavora presso un’azienda, può sentire il bisogno di realizzare qualcosa di suo, o di trasformare il suo lavoro migliorando le relazioni o investendo risorse in dei valori e delle idee a valenza sociale, integrando la sua personalità con un lato femminile. La psiche umana tende a portare l’armonia, fa in modo, quindi di utilizzare tutte le componenti della persona nell’arco della vita stessa:  se abbiamo utilizzato poco e male l’animus, la componente maschile, possiamo finalmente utilizzarlo dopo i quarant’anni, e lo stesso vale per l’anima, la parte femminile nell’individuo.

La tanto temuta crisi dei quarant’anni, se vissuta nel modo giusto, può quindi diventare una splendida occasione di trasformazione e di consapevolezza. Attraverso di essa possiamo veramente realizzare il nostro destino, migliorare la nostra esistenza, vivere più autenticamente e, come spesso accade, rinascere e ricominciare da uno.

 

Dr.ssa Emanuela Pasin

Neuropsicologa e Psicoterapeuta

 

 

 

7 Replies to “La crisi dei quarant’anni

  1. Dott.SSA uno scritto molto bello, grazie per condividere. Puo’ suggerire letture che aiutino chi questa crisi la sta vivendo male? Non so piu’ da che parte girarmi, ho perso il sorriso da tempo e mi sento in po depressa. Ma ho la volonta’ di aiutarmi. Grazie, da in paese molto lontano.

    1. Salve Giovanna, scusi il ritardo. le suggerisco dei libri che non sono legati necessariamente al problema dei quarantanni ( i testi che ci sono non aiutano a trovare delle risorse e delle soluzioni ma descrivono solo la situazione in modo sommario) ma le suggerisco questi libri bellissimi che se avrà la pazienza di leggere le cambieranno la vita:
      – per migliorare la conoscenza del sé al femminile “Donne che corrono con i lupi” di Pinkola Estes; un libro molto bello che l’aiuterà a dar valore alla forza del femminile che è dentro di noi e a vedere gli eventi negativi della vita come delle prove per il proprio miglioramento.
      -Per coccolare la propria anima e per trovare la saggezza : Il Giardiniere dell’anima” sempre di pinkola estes.
      -se si trova in una fase depressiva “Come trasformare la depressione in risorsa” di Paola leopardi, un libro che aiuta a ritrovare la propria creatività.
      -se si trova in un momento difficile o/e di debolezza “La forza della Vulnerabilità”di Consuelo Casula.

      spero di esserle stata utile e le auguro di trovare la sua strada nella luce e verso la felicità.
      cari saluti
      dr.ssa Emanuela Pasin

  2. Gentile Dott.ssa Pasin,
    ho letto con interesse il suo articolo e ammetto di vivere i miei quarant’anni con un certo senso di ansia ed inadeguatezza.
    Purtroppo, a quarantun anni, non ho una famiglia mia ancora: ho una compagna da poco, lei separata con una figlia. Vivo in una città diversa da quella d’origine e negli ultimi anni ho cambiato anche il mio lavoro ( e ho ricominciato da qualche anno a studiare per qualcosa di molto diverso da quello per cui mi sono laureato, ). Essendo un (ahimè) ex sportivo non vivo bene il fatto che il mio corpo non abbia la forma fisica e la resistenza di venti anni fa. Continuo a praticare molto sport e frequento gente vent’anni più giovane di me con la quale mi alleno ed esco. VIvo però tutto in maniera così conflittuale. E’ come se mi attaccassi in tutte le maniere e con le unghie a quello che ero e non riesco ad accettare che sto diventando vecchio. L’unica cosa che al momento mi appaga è il mio lavoro (che ho iniziato ex novo). Penso di viverla proprio male questa crisi di mezza età. Sarei davvero contento e grato se potesse darmi un’indicazione di massima e di metodo su come potrei affrontare questo periodo di crisi che, son d’accordo nel ritenere molto utile e spero mi porti ad un miglioramento, per poi, finalmente, riprendermi la mia autostima e la serenità.

    saluti e grazie per aver dedicato un po di tempo per leggere questo mio piccolo sfogo

    Alessandro

  3. Buongiorno chiedo un aiuto mia moglie dopo 20 anni di matrimonio ha cambiato totalmente il suo modo di pensare prima era gelosissima ora non più si vuole realizzare nel campo lavorativo abbiamo tre figli, di cui due 6 e 10 e una 18, ormai e da tre anni che questa situazione esiste ma ultimamente circa 6 mesi non vuole fare più sesso in quanto dice che non gli interessa premetto che non si vede con nessuno visto gli spostamenti che fa, io l’ho assecondata in tutto e finora solo qualche discussione, chiedo è possibile che una donna a 40 non gli interessa il sesso e cosa devo fare per cambiare questa situazione, perchè non riesco più ad andare avanti, è una bella donna, chiedo inoltre s’è lei ritrovi l’amore per me. Grazie

    1. Caro Graziano, occorre capire cosa sta capitando a sua moglie, a 40 anni può essere una fase di grande cambiamento. La sessualità è vita…una donna di 40 anni è troppo giovane per essere disinteressata a ciò… Però non possiamo fare ipotesi senza ascoltare la persona, me la invii. Buona giornata

  4. Gentile dottoressa.. Oggi sono io ad affrontare questo periodo..tra un mese compiro’ 39 anni..ho tre figlie,amo mio marito e lui ama me..la nostra vita non è perfetta,abbiamo avuto tante difficolta’ ,ma ci riteniamo felici perché l’abbiamo scelta..io però sono inquieta..molto emotiva..facile alle lacrime..e soprattutto molto malinconica.. Non so spiegarmelo e non ci credevo che questa specie di crisi esistesse…mi sono ritrovata in alcuni parti di questo interessante articolo… E ora? Che si fa?? Questa emotività così spiccata tenderà a rientrare nel tempo?

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