Il simbolo della Befana

La notte dell’Epifania veniva considerata nelle campagne una notte magica. Si diceva che in questa notte gli animali parlassero nelle stalle e nei boschi, così i contadini foraggiavano le loro bestie più del solito perché, in quella notte, si astenessero dal parlar male del loro padrone. Era una notte sacra perché si sentiva la presenza di Grande Madre Natura che si manifestava finalmente in una forma atropomorfa, simile a noi: una vecchina.

Vi sono in Italia delle usanze antichissime che affondano la loro origine nella tradizione precristiana pagana, come la tradizione di bruciare la “Stria”, la strega, la notte dell’Epifania. La Befana è una vecchia con il volto fuligginosto, gli occhi di brace, i denti felini e affilati, la lingua aguzza e tagliente, ed abita, secondo la leggenda, nelle caverne delle montagne. Una volta all’anno, nella notte fra i 5 e il 6 gennaio arriva a cavallo della magica scopa, che inforca al contrario, per far capire a tutti che non è una strega cattiva, scende per la cappa del camino nel focolare portando doni ai piccini buoni e carbone ai meno buoni. A Roma la Befana è cosi popolare che si pensa alloggi tra i tetti di Piazza Navona, e a lei i romani hanno dedicato molte canzoncine in rima. Ma la vecchia Befana, che porta la calza piena di doni, è diffusa in molte città italiane,  anche se con nomi diversi: a Treviso, Vicenza, Verona e Mantova la chiamano “la Vecia o la Stria”, “la Marantega” a Venezia, “la Rododesa” nelle alpi bellunesi, “l’Anguana” a Cortina, “la Maragule” nel Friuli, “la Barbasa” a Modena, “la Mara” a Piacenza, tutti nomi magnifici che si allacciano a fiabe, leggende meravigliose delle nostre campagne e montagne.

Questa vecchia misteriosa ed inquietante compare quindi nella dodicesima notte dopo il Natale, alla fine del periodo di transizione tra il vecchio e il nuovo anno, ma non ha nulla a che fare con l’Epifania cattolica, ovvero con l’arrivo dei Re Magi che portano i doni a Gesù bambino, se non per il nome da cui ha preso: dapprima divenne “Pifania”, poi Bifania, Befania e infine Befana; un evidente tentativo di inglobare nella tradizione cristiana un’antica usanza pagana, trasformando un inquietante personaggio femminile, simile alle streghe, tanto perseguitate nel medioevo dalla Chiesa, in una personificazione femminile della festa dell’Epifania.

La Befana è in realtà una manifestazione vivente della Grande Madre Natura, arrivata all’inverno, babbiona, rinsecchita e vecchia, che assume le sembianze di una donna che dispensa doni prima di morire, simbolicamente essi sono i semi, che nascosti nella terra, le permetteranno di rinascere Giovinetta Natura a Primavera. Nelle usanze popolari la vecchia doveva venire cacciata, uccisa o bruciata, in natura infatti, senza la morte ( del seme, dell’inverno…) non può esistere la nuova vita. Nel Veneto questa tradizione è sopravvissuta: nella dodicesima notte dopo il Natale, si svolgeva un rito basato su un grande chiasso che serviva a far scacciare dai campi le forze malefiche e propiziare il raccolto. Poi si accendeva il falò e si faceva bruciare il pupazzo orrendo della Stria. Nella tradizione “Copar la Vecia” ( uccidi la vecchia) o “Brusa la vecia” ( brucia la vecchia) è infatti un modo di dire per liberarsi dal male.

Tradizioni similari si ritrovano fin da prima del periodo Greco-Romano in cui era adorata la Grande Madre, Signora della Natura, della vita, che regna sugli animali, le rocce, i vegetali che evocava l’idea della fecondità, abbondanza e prosperità. Madre del cosmo che governa il ciclo terreno di vita-morte-rinascita, patrona del fuoco domestico, come si rappresentava nella Grecia antica con la dea Estia e a Roma con Vesta, patrona del focolare, della famiglia e della Patria, dove la dea stessa, priva di un immagine antropomorfica, era la fiamma stessa vivente, che purifica e riscalda, fiamma che doveva essere sempre sorvegliata dalle Vestali, le sacerdotesse, perché la vita non si spegne mai e neppure la potenza della Natura perché magicamente, ogni anno, si rigenera.

BIBLIOGRAFIA  PER APPROFONDIRE

Erich Neumann “La grande Madre”   Ed. Adelphi 1956

Ada D’Aries “L’antico fuoco delle donne” Ed. Terre di mezzo 2011

Alberta Dalbosco “enttà fatate della Padania” ed. Terra di mezzo 2010

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *