Con rabbia? Con Passione!

La rabbia è un veleno che ci rende stupidi, perdiamo la nostra lucidità, la salute, la faccia e rischiamo di rovinare importanti rapporti umani. La rabbia mascherata è una delle cause più frequenti di disturbi psicologici come la depressione o l’ansia. E’ importante renderci conto che sotto sotto siamo arrabbiati, comprendere da dove arriva e capire come affrontarla.

La rabbia è un messaggio molto importante per l’essere umano: c’è un problema che dev’essere risolto, ma non subito, un pò più tardi! Così sostiene Paul Ekman, esperto mondiale di micro-espressioni facciali e di emozioni.

Nella natura stessa della rabbia sembra ci sia qualcosa che ci porta a colpire, una sorta di fattore nocivo, di veleno che sentiamo dentro che ci spinge a eliminare l’ostacolo, l’intenzione della rabbia è elementare ed è unica, inderogabile: sbarazzarci dell’intralcio. Tuttavia questa è in realtà un’illusione perché l’oggetto esterno è solo una rappresentazione di un conflitto interno, una volta eliminato l’ostacolo, dovremmo calmarci ed essere sereni, ma questo stato non dura a lungo e possiamo tornare sulla persona che l’ha posto per fargliela pagare, punirlo, vendicarci, creando così un’azione molto più violenta e distruttiva di quella subita. La rabbia è un’emozione che ci motiva ad agire in modo nocivo talora in modo impulsivo talaltra strategico e a lungo termine. Come dice una poesia Tibetana “ bastano una o due parole sbagliate per trasformare il nostro miglior amico di oggi nel nostro peggior nemico di domani”.

Quindi la rabbia che ha lo scopo di distruggere l’altro, sia che venga agita o no, danneggia in realtà molto di più chi la prova, sia nel corpo che nell’anima che chi la subisce.

Un altro limite della rabbia è la cecità. Seneca raccontava di come la rabbia rendeva deboli i barbari, pur in tanti, vigorosi, resistenti alla fatica e arrabbiati come bestie feroci li rendeva deboli di fronte alle strategie dell’esercito Romano. Così come i gladiatori, non era certo la loro ira che li salvava ma la scaltrezza della loro difesa. Molte battaglie nell’antica Roma sono state vinte sfruttando l’irascibilità del nemico. Insomma chi monta collera per un’offesa recatagli, scaricando la rabbia in un agito o in una battuta acida, compie un atto di impotenza e di paura, non di saggezza. Ma qualcuno dirà: “Almeno ci si sfoga!”. Certamente scarica a livello del sistema nervoso ma di certo questa non è la strada della propria salute perché essa è chiaramente un generatore potente di altra rabbia.

Più di tutte le passioni la rabbia è quella più impetuosa e dissennata, la più violenta e impedisce spesso di raggiungere il fine che ci si propone. Sicuramente la sua azione così primordiale è dovuta al fatto che tale emozione si realizza con il cervello rettiliano, con memorie condizionate antiche di attacco e fuga e di eventi drammatici memorizzati dal soggetto durante la prima infanzia che ha appreso ad evitare rapidamente per salvarsi, il suo funzionamento quindi ha caratteristiche simili a reazioni animali, come se la neocorteccia non si attivasse in un sovraccarico di rabbia, proprio perché lo deve far defluire per poter lavorare senza stress o a sollecitazione ridotta. Goleman invece sostiene che negli stati di rabbia siamo in preda del “Sequestro emozionale” cioè gli input sensoriali provenienti dagli organi di senso viaggiano servendosi di un circuito monosinaptico che arriva immediatamente all’Amigdala, un secondo segnale viene poi inviato dal talamo alla neocorteccia, questa particolare ramificazione di fibre nervose sottili permette all’amigdala di rispondere prima della neocorteccia, cioè la risposta emotiva si innesca prima di pensare. La ricerca di Ledoux ha evidenziato come esistano delle vie neurali che aggirano la neocorteccia. Anche anatomicamente e funzionalmente quando siamo arrabbiati, abbiamo a disposizione risorse cerebrali molto ridotte e perlopiù istintive ed impulsive più simili al comportamento animale che non a quello umano, abbiamo a disposizione un esercito di barbari rozzi e cretini che si buttano sul nemico senza alcuna strategia intelligente e rischiano di essere sorpresi alle spalle da qualcuno di più furbo di loro.

La rabbia nasconde di fatto un complesso di inferiorità, ma palesandocelo ci permette anche di attivare dei processi creativi per superare tale complesso o almeno ridurne l’intensità. Molte persone arrabbiate inconsciamente, finiscono per diventare vittime di mobbing, di ingiustizie, di umiliazioni, di situazioni coniugali che sono dolorose e difficilmente risolvibili, conflitti con altre persone, provocazioni, di situazioni in cui non è possibile comunicare non senza atroci litigi, sofferenze o violenza sia fisica che psicologica.

Quando ci troviamo in queste situazioni occorre comprendere perché vi cadiamo, perché permettiamo agli altri di trattarci così, perché non ci distanziamo prima, perché ci mettiamo nella situazione di dover dipendere dall’altro, perché resistiamo fino allo stremo prima di capire che qualsiasi cosa faccia per l’altro non è mai abbastanza? E’ dura anche ammettere di aver perso la battaglia, ma spesso si vince la guerra per se stessi e ci si libera da grandi umiliazioni e sofferenze.

Inizialmente nel mio percorso verso la comprensione della mia rabbia credevo che l’antidoto fosse la pazienza, in altri termini l’autocontrollo, ma anche qui Stanislaw Lac dice “ci vuole pazienza per imparare la pazienza” e quindi non sapevo proprio da dove iniziare visto che o la pazienza ce l’hai o non sembra tanto possibile impararla se non con grande esercizio di controllo, non sempre possibile. Ma in realtà la pazienza non basta, anzi ritengo che non sia la strada più efficace.

Credo che serva innanzitutto capire qual’è il meccanismo originario che produce la nostra rabbia ed esserne sempre più consapevoli per vederlo in modo sempre più distaccato. Poi occorre fare un altro passaggio: non veder l’altro come un mostro ma vederlo come una persona che sta male più di noi, che ha le sue difficoltà, le sue paure, che tenta di imporre la sua ragione perché è insicuro, perché dentro si sente inutile o insignificante, comunque ha un problema, infatti Seneca diceva “chi fa paura ha paura” .

L’antidoto per la rabbia: la passione e la compassione. 

Per ammansire la rabbia che proviamo internamente occorre quindi fermarci a osservare  i nostri mostri interni, riconoscerli, comprendere perché sono così voraci e affamati, capire perchè hanno così tanta paura, ma anche riconoscere le nostre abilità, le nostre passioni, i nostri successi, i nostri punti di forza, i nostri valori più veri per i quali a volte ci battiamo ferocemente, osservare la vita da un punto di vista risolutamente positivo, sforzandoci quotidianamente di rimanere in contatto con ciò che abbiamo, non solo con ciò che ci manca. Occorre comprendere che la rabbia è una forma di energia e l’energia non è negativa di per sé, nasconde in realtà una grande passione, un grande senso di giustizia, un grande amore per la vita e per le persone, nasconde un tesoro che non riusciamo più a riconoscere né ad esprimere. Certo la rabbia nella sua forma di indignazione e in forma di difesa può essere utile e necessaria per mantenere una propria integrità, per difendere il proprio pensiero, i propri valori, la propria vita stessa, la rabbia declinata come autodeterminazione è a mio avviso, essenziale e irrinunciabile a tutti i livelli, sono gli eccessi che guastano tutto, non la rabbia come energia, ciò che distrugge è quell’inconsapevole senso di impotenza e di paura che è mascherato dalla rabbia. Per questo è così importante portare tali paure alla consapevolezza.

Allora come vincere la rabbia? Una soluzione arriva da molti grandi pensatori che hanno percorso la stessa strada che sto percorrendo io e molti altri esseri umani, solo che a livelli più alti, Ghandi, il Dalai Lama, per esempio. Non è solo la strada della non violenza per partito preso, non è un dictat della mente “Io non reagirò’” è piuttosto una pacifica provocazione che nasconde un impavido senso del proprio valore: “Potrete avere le nostre carni ma non la nostra obbedienza”(Ghandi) è una forza potente emanata da un valore interno.

E’ un radicale cambiamento di pensiero che tutte le religioni cercano di introdurre.  Seneca spiega come sia possibile attenuare l’insorgere della rabbia interna in modo mirabile  “La rabbia è vinta spesso dalla compassione, poichè la sua forza è fittizia, è un gonfiore sterile” in questo modo ci si allena a guardare le persone che provocano, che aggrediscono, che stizziscono in modo meno distruttivo, spesso siamo di fronte ad un cane affamato piuttosto che ad un cane “geneticamente” rabbioso basta tirargli una bistecca!

Dietro ogni persona arrabbiata o iraconda c’è sempre una reale o percepita mancanza di affetto, di ascolto o di comprensione, oppure un’inflazione dell’Io che copre un forte complesso di inferiorità. “Niente è grande se non è mite e sereno” ci indica ancora il grande Seneca, “ perciò il saggio sereno ed equanime di fronte agli errori umani, non è nemico ma critico verso chi li commette. Egli esce ogni giorno di casa dicendo tra sè: <<Oggi incontrero’ molti ubriaconi, dissoluti, ingrati, infelici, avari, agitati dalla smania di ambizione>> e guarderà tutti questi difetti con quella benevolenza che mostra il medico per i malati.”

Quando dentro di me ho sentito, non solo capito con la ragionevolezza, queste parole allora ho compreso come creare l’atteggiamento giusto per affrontare elegantemente chi produce rabbia in noi: “ Ogni persona, anche se ostile, è come me, un essere vivente che teme la sofferenza e aspira alla felicità”, dette dal Dalai Lama, del quale tutti conosciamo la storia e le repressioni gratuite del suo popolo, egli continua “ Questa riflessione ci porta a sentirci profondamente implicati nella felicità altrui, del nostro amico ma anche del nostro nemico. Questa è la base della vera compassione”. Facile a dirsi ma come è possibile mantenere questo stato mentale di compassione con persone fanatiche, ossessive che resistono a qualsiasi tipo di proposta di cambiamento? Ovviamente più sono fanatiche e ossessive più sono malate e se non possiamo aiutarle neppure con la compassione secondo il Dalai Lama occorre insistere “La gentilezza amorevole e la compassione hanno la capacità naturale di soggiogare e rendere amorevole il prossimo” però, a mio avviso, occorre talvolta, anche allontanarsi perchè per essere compassionevoli devi essere vivo e il Dalai Lama infatti è in esilio da molti anni, non vive accanto al Presidente Cinese che lo considera un demonio e se potesse lo vorrebbe morto.

BIBLIOGRAFIA PER APPROFONDIRE

DALAI LAMA “L’arte della pace interiore” Mondadori 2013

SENECA”L’arte di non adirarsi” Newton 2007

VALENTINA D’URSO “Arrabbiarsi. Quando l’ira e’ funesta e quando adirarsi conviene” Il mulino 2012

ERICH FROMM “Anatomia della distruttività umana” Oscar saggi Mondadori 1973

DANIEL GOLEMAN “Intelligenza emotiva” Bur Saggi

 

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